La sera di Natale Stefano Medaglia ci ha lasciato. Aveva solo 33 anni e, anche per questo, chi ha avuto il piacere di conoscerlo ha subito pensato che la sua è stata una morte ingiusta. Perché, aldilà di ogni retorica, non ci può essere giustizia nell’epilogo della vicenda umana di uno come Stefano, un giovane forte, generoso, pieno di entusiasmo che, in meno di due mesi, è stato travolto da un destino così drammatico. D’altra parte, un grande pensatore del ‘900, un uomo che ha posto le basi per la costruzione della più grande potenza economica del nuovo millennio, diceva che non tutte le morti sono uguali perché la morte di una persona che lavora per costruire il suo futuro e quello dei suoi cari pesa più di una montagna.

Sicuramente adesso si discetterà se il male incurabile che ha strappato Stefano ai suoi affetti più cari è la conseguenza dei danni causati dall’inquinamento del nostro devastato territorio. Per una volta, solo per una volta, questa discussione non ci interessa. Ci sarà un tempo per valutare questi aspetti. Oggi, invece, è il tempo del dolore e delle lacrime perché in queste drammatiche ore siamo in tanti ad essere tormentati dalla consapevolezza di non poter più godere della presenza di Stefano. 33 anni. E’ l’età in cui ognuno prova a costruire la propria vita. Anche Stefano ci stava provando. Aveva una bella famiglia, una moglie che amava e due splendide bambine. E, anche per loro, stava cercando di costruire un futuro migliore investendo tutte le sue energie in un’attività commerciale che gli consentiva di continuare a coltivare la grande passione della sua vita, lo sport. Ho conosciuto Stefano qualche anno fa. Era lo stopper della squadra di calcio di Aiello Calabro. Non era il calciatore più forte del team. Era un combattente, uno che si faceva rispettare negli infuocati campi di provincia. Aveva due delle tre caratteristiche che, in una mitica canzone, De Gregori definiva come necessarie per diventare un grande calciatore, il coraggio e l’altruismo. Era lui il leader naturale della difesa di quella squadra che vinse due campionati consecutivi. Mi ha fatto subito simpatia perché avevamo due passioni in comune, Totti e la Roma. Ho ritrovato Stefano un paio di anni fa ad Amantea, nel suo bel negozio di articoli sportivi che, grazie alla sua naturale simpatia, alla sua passione e alla sua competenza tecnica, è diventato un punto di riferimento fondamentale per tutti gli sportivi. Stefano è stato l’anima di questa bella esperienza commerciale che negli ultimi tempi ha condiviso con il suo grande amico Salvatore. Un negozio moderno in cui la vendita dei prodotti è legata all’offerta di una consulenza qualificata, un negozio che, in una disciplina come il running, è diventato un punto di riferimento in Calabria. Ed è stata proprio la passione per il running a caratterizzare l’attività sportiva di Stefano negli ultimi anni. Una passione che lo ha portato ad organizzare gare importanti per favorire la crescita del movimento ma che, soprattutto, lo ha coinvolto emotivamente tanto da spingerlo a cimentarsi nelle competizioni sulle lunghe distanze. Perché, come in ogni fase della sua vita, Stefano non si è mai risparmiato, è sempre stato in prima fila. Abbiamo condiviso l’esperienza nella società di running “Cosenza K42”. Per la sua naturale e sfrontata esuberanza era diventato in breve tempo un vero trascinatore del gruppo. Oggi rivedo come in un flash alcuni momenti che rimarranno indelebili nella mente di tanti runners della nostra squadra. L’improvvisata festa che ha messo in subbuglio un grande ristorante del nord alla notizia della conquista del sesto posto ai  Campionati Italiani di mezza maratona, le inenarrabili gag che hanno caratterizzato le nostre trasferte, i balli scatenati a casa di Luca in attesa delle luci dell’alba. In queste lunghe e angosciose ore ogni persona che lo ha conosciuto avrà ripensato ai tanti momenti condivisi con Stefano. Il tratto comune di tutti questi ricordi non può che essere il rimpianto per la perdita di un amico leale, di una persona sincera che sapeva farsi volere bene, di un  giovane generoso che ha sempre dato valore ai rapporti umani coltivando sentimenti di amicizia vera. E’ questo il tratto distintivo della personalità di Stefano che, sul lavoro come nei momenti di svago, si è fatto sempre apprezzare da tutti per le capacità di “fare gruppo”. Ed è proprio questo il motivo per cui oggi, mentre lo ricordo con malcelata tristezza, con la mente e il cuore rivolti alla moglie e alle figlie che si vedono private di un punto di riferimento fondamentale per le loro giovani vite, continuo a ripetermi che siamo di fronte ad una insopportabile ingiustizia. Ciao Stefano, amico vero di una stagione troppo breve.

R.S.

Autore: Redazione

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